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Festa del Cinema di Roma 2021, Day 1 – Day 4

Film e Dintorni vi porta alla Festa del Cinema di Roma 2021 da protagonisti! Parte della nostra redazione si trova nella capitale per assistere alle proiezioni, agli incontri e agli eventi speciali di questa sedicesima edizione della rassegna, che denota un bramato ritorno alla normalità, con sale al 100% di occupazione, parata di star sul red carpet (ma sempre con distanziamenti) e dibattiti dal vivo. Ecco per voi gli highlights dei primi quattro giorni.

L’attenzione mediatica durante i primi giorni della Festa del Cinema è stata canalizzata completamente da loro: le star. Jessica Chastain, raggiante in blu, ha intrattenuto un nutrito pubblico con un incontro ravvicinato e, dopo aver posato sul red carpet, ha presentato in anteprima nazionale The Eyes of Tammy Faye, di cui è anche produttrice.

Durante l’incontro, l’attrice ha discusso alcuni momenti della sua brillante carriera passata (si è commossa sulle immagini di The Tree Of Life e ha elogiato Kathryn Bigelow), presente (la recente serie Scene Da Un Matrimoio che la vede a fianco di Oscar Isaac) e futura (una miniserie di 6 episodi su una cantante country).

Jessica Chastain alla Festa del Cinema di Roma 2021

Johnny Depp, a due passi da San Pietro e con un ritardo di un paio d’ore, ha mandato in visibilio centinaia di fan, accorsi per accoglierlo in una masterclass, i cui biglietti sono andati esauriti in 4 minuti.

Il divo di Edward Mani Di Forbice, Secret Window e un’infinità di altri ha presentato la web series animata Puffins, in cui presta la voce al protagonista, un uccellino chiamato, non a caso, Johnny Puff. Nonostante fossero vietate domande e incursioni sulla travagliata vita privata dell’attore, egli ha comunque lanciato una frecciatina alla madrepatria, dichiarando: “Hollywood è soltanto un posto dove andare in vacanza, non c’è rispetto lì”.

Johnny Depp alla Festa del Cinema di Roma 2021

Quest’anno, la selezione ufficiale della Festa del Cinema di Roma conta più di 20 titoli da tutto il mondo. Le proiezioni si dilatano dalla mattina presto fino allo scattare della mezzanotte, come una vera favola disneyana.

I nostri redattori Roberta, Riccardo e Alessandro hanno visionato le pellicole presentate in anteprima e hanno selezionato alcune delle proposte più interessanti, riportando i commenti a caldo.

The Eyes of Tammy Faye, di Michael Showalter

Riccardo: Un film dilettevole che accolgo con riserva, il cui bandolo della matassa va individuato nell’istrionica performance di Jessica Chastain –tutti noi tifiamo per lei nella corsa agli Oscar 2022-, la quale veste i panni (e le parrucche) di Tammy Faye, predicatrice e cantante evangelista americana all’apice della popolarità tra gli anni ’70 e ’80. La discesa agli inferi di Faye e di suo marito Bakker, interpretato da un Andrew Garfield lasciato troppo in disparte, si fa beffa, specialmente nel riuscito finale, di un certo tipo di bigottismo americano, senza spingere mai troppo il piede sull’acceleratore. Insomma, potremmo anche ribattezzarlo Gi Occhi di Jessica Chastain, dato che senza di lei questa pellicola, titolo d’apertura della Festa del Cinema, risulterebbe altresì ordinaria e con una scrittura a tratti estremamente insipida. ★★★☆☆

Roberta: Ascesa e crollo dei coniugi Faye-Bakker (rispettivamente: Jessica Chastain e Andrew Garfield), coppia di tele evangelisti che fondò il popolare programma televisivo cristiano The PTL Club, in onda dal 1974 al 1989, prima di essere travolta da una serie di scandali, fra cui diverse accuse di frode.
Il film presenta alcuni difetti di scrittura: diverse situazioni e personaggi vengono introdotti e poi lasciati in sospeso o non sufficientemente approfonditi, fino al caso limite dei figli della coppia, che, da un certo punto in poi, spariscono completamente dalla storia.
Nonostante questo, la pellicola si fa vedere e riesce, in alcuni casi, persino ad emozionare profondamente: merito dell’impeccabile performance di Jessica Chastain, che fa empatizzare con una donna per alcuni versi deprecabile, sebbene dotata di una forte sensibilità.
Il trucco pesante e la altrettanto colorita espressività dell’attrice fanno cogliere tutte le sfumature di questo controverso personaggio, tra le luci della ribalta e le ombre del dietro le quinte. ★★★☆☆

L’Arminuta, di Giuseppe Bonito

Riccardo: Ogni famiglia possiede intimità e segreti che non vengono mai snocciolati, che i figli possono intuire soltanto dagli sguardi e dai silenzi. E L’Arminuta fa proprio dei silenzi la sua rumorosa forza. Specialmente nelle scene dei pasti è percepibile un’acuta tensione emotiva, che provoca ed infastidisce, ma che non trova sfogo nella seconda parte del film. Due esemplari, se non perfette, prove attoriali da parte delle giovanissime protagoniste Sofia Fiore e Carlotta De Leonardis, che rincorrono l’armonia tra due poli opposti. Azzeccatissimo il dialetto per alcuni personaggi, scelta che rafforza l’ambientazione rurale, ma assolutamente incomprensibile ai più. Tecnicamente ben diretta e magistralmente fotografata, l’opera non si addentra mai nelle viscere, lasciando lo spettatore costantemente in superficie e facendo mancare quell’empatia che ci si aspetta da una vicenda così lacerante. ★★☆☆☆

Roberta: Impossibile non pensare a L’amica geniale quando si guarda questo film, sia per l’epoca di riferimento che per il contesto di forte povertà (in questo caso abbruzzese e non campano), che per la caratterizzazione della giovanissima protagonista ed il suo forte legame con la sorella ritrovata, le cui fattezze ed il piglio ricordano, in parte, Lila bambina. D’altronde anche l’Arminuta è tratto da un romanzo di grande successo e anche in questo lungometraggio, come nella serie Rai/HBO, si ricorre ad una recitazione dialettale. Le due piccole, ma già grandi, attrici Sofia Fiore e Carlotta Leonardis ci regalano una performance di altissimo livello che non basta, però, a risollevare le sorti di questa pellicola, in cui i profondi silenzi e la distanza emotiva fra i vari personaggi si traducono in distanza emotiva dello spettatore, che assiste quasi impassibile alle strazianti vicende rappresentate. Ottima, in compenso, la fotografia e le vedute della campagna abbruzzese, che fanno da compendio alla solitudine interiore dei membri della disastrata famiglia. ★★☆☆☆

Cyrano, di Joe Wright

Riccardo: Un’appariscente e fastosa bomboniera che, tra lustrini, rime recitate a squarciagola (è una rivisitazione in chiave musical) e qualche risata, non perde ritmo e non annoia. Peter Dinklage, nel ruolo di un Cyrano complessivamente molto classico e moderno allo stesso tempo, convince pienamente, mentre è il resto del cast a mancare di verve, nonostante le buone performance vocali. Joe Wright (Orgoglio e Pregiudizio, Anna Karenina) ritrova la sua anima più letteraria e teatrale, con una produzione tecnica di altissimo livello, ma che risulta poco sincera e sentita, dove la tragicità e il dolore dell’atto finale non fanno capolinea. Consigliata per i costumi (ad opera del nostro gigantesco Massimo Cantini Parrini), le location (totalmente girato in Sicilia) e le musiche (composte dalla band indie americana The National), traballante, invece, lo scheletro generale. Ma, in fin dei conti, è impossibile venire a capo con mostri letterari del genere. ★★★☆☆

Roberta: Joe Wright interpreta liberamente il capolavoro di Rostand, pur non stravolgendolo nella sua essenza.
Il Cyrano dal naso sproporzionato diventa qui un uomo il cui nanismo lo rende oggetto di scherno, ma non viene meno l’orgoglio, né il talento con la spada o quello con le parole. La parte è letteralmente su misura de il-fu-Tyrion Peter Dinklage, qui ottimo prim’attore, di cui è possibile percepire il dolore vivo e palpabile nelle scena in cui canta delle ferite morali infertegli degli altri a causa del suo aspetto. Canta, sì, dato che ci troviamo di fronte ad un musical pomposo e barocco, sia nelle scenografie che nei costumi. Il regista torna, quindi, con successo al teatro dopo la trasposizione di Anna Karenina del 2012. Bene anche i comprimari Haley Bennett, una Roxanne indipendente e voluttuosa, e Kelvin Harrison Jr, un Christian un po’ ingenuo, che ispira simpatia. E infatti si passa agilmente dalla comicità al dramma in questo adattamento moderno di buona qualità tecnica. ★★★☆☆

Dear Evan Hansen, di Stephen Chbosky

Roberta: Passiamo da un musical ad un altro, con Dear Evan Hansen di Stephen Chbosky, basato sull’omonimo spettacolo teatrale vincitore di 6 Tony Awards. Il regista e scrittore si confronta nuovamente con un protagonista timido ed emotivo com’era Charlie di The Perks of Being a Wallflower (titolo italiano: Noi siamo infinito), da lui scritto e diretto. Evan Hansen è un adolescente affetto da ansia sociale che, su consiglio del suo terapeuta, scrive delle lettere a sé stesso per motivarsi. Una di queste viene rubata dal solitario Connor e ritrovata nella tasca dei suoi pantaloni dai genitori, dopo che questi si è tolto la vita. La lettera suscita in essi la speranza che il figlio avesse un amico in Evan, che, per compassione, si inventa la storia di un’amicizia mai esistita. Dear Evan Hansen è un musical atipico, niente coreografie o teatralità, solo canzoni sussurrate, o a volte urlate, che servono a dar voce ai pensieri e ai sentimenti più intimi dei personaggi. Ognuno di loro – a partire dall’eccellente e ingobbito Ben Platt, e proseguendo con gli altri giovani coprotagonisti, con menzione d’onore per le veterane Amy Adams e Julianne Moore – è impegnato a combattere contro i propri demoni interiori in una battaglia in cui ognuno di noi si può facilmente riconoscere, e lo fa con coraggio, resilienza, dignità. ★★★★☆

Mothering Sunday, di Eva Husson

Roberta: Dramma sentimentale ambientato in Inghilterra, il giorno della festa della mamma del 1924. La giovane domestica Jane Fairchild approfitta della giornata di riposo per far visita al suo amante Paul Harrington, rampollo di un’altra ricca famiglia del vicinato. Da quest’evento, una serie di salti avanti e indietro nel tempo ci portano a ricostruire la vita della protagonista e l’importanza che avranno quelle ore cruciali sul suo futuro. Il film ha una serie di problemi: innanzitutto l’attrice Odessa Young ha un aspetto e delle movenze troppo contemporanei per risultare credibile nel ruolo; ma soprattutto l’infinito indugiare della macchina da presa sui corpi e sui visi dei personaggi allunga eccessivamente il brodo narrativo di questo melodramma asettico nel quale neanche i nomi illustri di Colin Firth e Olivia Coleman, per altro adatti per i rispettivi ruoli, riescono a salvare lo spettatore dall’inevitabile noia. ★☆☆☆☆

Mediterráneo, di Marcel Barrena

Alessandro: La pellicola racconta la storia vera della fondazione della ONG Open Arms. Il film è delicato e ironico, nonostante porti sul tavolo un argomento forte, crudele e disumano. Tutto parte da una foto di un bambino annegato sulla costa dell’isola di Lesbo. Questa drammatica visione spinge un bagnino di Barcellona, Òscar Camps, ad attraversare il Mediterraneo con lo scopo di salvare altri esseri umani come lui, i quali scappano da un’esistenza fatta di guerre e di fame, nella speranza di una vita migliore. ★★★★☆

Questi erano i film visti dalla nostra redazione fino a questo momento.
La nostra avventura alla Festa del Cinema di Roma 2021 continua.

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