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Joker: pungente critica sociale sulle conseguenze della solitudine emotiva

Il 3 ottobre 2019 è uscito nelle sale italiane quello che ormai è considerato l’evento cinematografico dell’anno, Joker.

Distribuito dalla Warner Bros e prodotto da Bradley Cooper, Todd Philips, Emma Tilinger KosKoff.

La risata improvvisa del protagonista causata dai suoi problemi psichici

Primo cinecomic a essere presentato in concorso ad un grande festival internazionale, quello di Venezia del 2019, il più antico festival internazionale del cinema.

Il film è stato premiato con il Leone d’oro.

Un Joker diverso

Il Joker di Phoenix però è diverso da tutti gli altri Joker che negli anni abbiamo visto interpretati dai più grandi attori di Hollywood uno fra tutti Jack Nicholson.

Arthur è diverso in Joker, Joker non esce questa volta dalla fantasia di un fumetto, dalla matita di un artista, il Joker di questo Joker nasce dall’indifferenza della società contemporanea globalizzata.

Dove non è lui che consuma la società in cui vive, ma al contrario:

“Lui è il frutto della società che lo consuma al punto che non solo lo fa impazzire, ma gli permette di avere facilmente un’arma con la quale commetterà efferati omicidi, omicidi che lui stesso confesserà e commetterà in diretta televisiva”.

Il protagonista inizia il suo declino psicologico

La maggior parte della critica e del pubblico presenti al Lido hanno lodato l’opera di Tood Phillips per la radicalità e l’importanza politica con cui mette in parallelo la storia di Joker con i tanti problemi che affliggono la società moderna.

Nelle mani di Todd Phillips, Gotham diventa la New York livida, povera e violenta della fine degli anni settanta, molto simile alle odierne metropoli.

L’io imperante che distrugge la società

Sospeso tra patinatura e ruvidità, tra radicalità ed esigenze commerciali, il film dice cose interessanti ed è una metafora sulle conseguenze delle troppe diseguaglianze e sulla cattiveria mista ad egoismo sempre crescenti del nostro mondo.

Un uomo, il Joker di Phoenix, che disperatamente lotta contro tutti, compreso lui stesso, per trovare una sua strada in una società dove l’Io imperante distrugge ogni cosa.

L’opera di Phillips è infatti anche una raffinata e pungente critica sociale.

Arthur di giorno lavora come clown, ogni volta si veste, si trucca e si inventa, ma la notte diventa un cabarettista.

Spesso, però, si rende conto di essere solo una squallida macchietta.

Il protagonista intento a recitare come cabarettista

Lentamente una quotidiana e monotona consuetudine lo farà sprofondare in una spasmodica ricerca di sé stesso.

E sarà questo lento logorio che piano, piano lo conduce ad esplodere con una violenza inaudita.

Dentro Arthur si alternano con violenza presente e passato.

Sprofondandolo ogni volta in uno stato di totale confusione mentale, deformandolo prima nell’anima e poi nel viso fino a coinvolgere tutto il corpo.

Il dolore nascosto da un sorriso ma evidenziato da una lacrima

Riflessione intorno alla follia del Joker

Follia che darà vita a uno dei personaggi cinematografici più inquietanti e ambigui della storia cinematografica, facendone a un certo punto una vittima, come a giustificare la crudeltà per ciò che ha subito da adolescente.

Colpevole una madre con un passato a lui sconosciuto, un passato che a un certo punto emerge in modo violento e con cui dovrà scontrarsi.

Fleck che ci viene presentato è un uomo affetto da gravi disturbi psichici, che lo portano a emettere una sinistra e quasi dolorosa risata nelle situazioni meno opportune.

Viene perciò considerato diverso e trattato con scherno dalla gente.

Lontano quindi dalla normalità deve barcamenarsi fra un lavoretto e l’altro, all’inseguimento del sogno di fare ridere le persone e partecipare allo show televisivo di Murray Franklin, impersonato da un Robert De Niro.

Il protagonista partecipa allo show televisivo di Murray Franklin con risvolti drammatici

Il suo passato è un incubo da dimenticare, il presente è una convivenza forzata con la sua madre sempre più debole, il futuro è privo di speranza.

Nonostante ciò, in Fleck c’è ancora una scintilla di vitalità.

Mentre tutti intorno a lui sembrano rassegnati al loro ruolo marginale in una società nella quale la forbice fra ricchi e poveri va allargandosi sempre più.

Il dramma della solitudine emotiva

Nella totale assenza di empatia da parte di chi lo circonda.

A seguito di ripetute umiliazioni la corda di Arthur si spezza dopo l’ennesima aggressione subita, che provoca per la prima volta in lui una reazione estremamente violenta.

“Pensavo che la mia vita fosse una tragedia, ma adesso capisco che è una commedia”

-Joker

Frase emblematica.

E quale può essere effettivamente l’unica reazione comprensibile di chi non ha più nulla da perdere se non il totale sovvertimento della situazione e la trasformazione della violenza in spettacolo?

La trasformazione della violenza subita in spettacolo

Ed è proprio in questo passaggio che Joker si fa anche cinema politico.

Un modo sbagliato di riscatto sociale

La reazione di Arthur non rimane un gesto isolato.

Ma viene invece recepita come un segnale di ribellione da parte di altri emarginati, che vedono nell’uomo mascherato da clown, ricercato per triplice omicidio: 

una sorta di vigilante al contrario che, a differenza dell’iconico Batman, non dà la caccia ai malviventi, ma riscatta, pur con il crimine, la parte di popolo più afflitta.

Fleck si ritrova così per la prima volta non soltanto compreso, ma addirittura idolatrato da altre fragili menti, guadagnando vigore ed entusiasmo.

Facile associare questa voglia di rivalsa nei confronti della casta di Gotham ai populismi moderni, pronti a soffiare sul disagio dei più deboli, esasperato da anni di cattiva politica.

E anche se Joker non si mescola con l’attualità (“Io non sono un simbolo politico”, dice Arthur) è impossibile non percepire un forte monito nell’opera di Phillips: il male e la violenza si annidano nell’emarginazione, nell’assenza di empatia e nel mancato sostegno ai più bisognosi.

E quando l’equità sociale precipita e il malcontento si gonfia a dismisura, basta davvero poco per far precipitare la società nel caos.

Con Joker, Joaquin Phoenix si conferma uno dei migliori attori viventi

Joaquin Phoenix si conferma uno dei più grandi attori viventi con un’interpretazione magnetica e raggelante allo stesso tempo.

Il suo corpo denutrito, la sua voce sospesa fra ilarità e follia, il suo volto scavato e la sua voce in bilico fra la cantilena di un bambino e il grido di dolore di un adulto senza via d’uscita tratteggiano un personaggio destinato a entrare nell’immaginario collettivo e a perpetuare la grande tradizione dei Joker cinematografici.

Un’attenta riflessione circa la propria condizione da parte del protagonista prima del crollo emotivo

Un antieroe imperscrutabile e volubile, che ci mette a disagio non soltanto per le sue nefandezze e per la sua crescente follia, ma anche e soprattutto perché, nei meandri della nostra anima. 

Non possiamo fare a meno di parteggiare almeno parzialmente per lui.

Un ricatto morale messo in scena con sorprendente controllo da Phillips.

Un raggelante viaggio negli abissi della mente umana

Fra rimandi alla Nuova Hollywood, rispettosi omaggi alla mitologia di Batman e un coraggio nella messa in scena della violenza e nella trattazione di argomenti adulti:

Joker si staglia fin da subito come un classico del cinema contemporaneo, capace di rivitalizzare una personaggio scolpito nella cultura pop in modo del tutto originale, regalando allo spettatore un raggelante viaggio negli abissi della mente umana.

Il protagonista che si trasforma nel suo personaggio: esteriormente ma anche interiormente

La direzione della fotografia è stata affidata a Lawrence Sher  e la realizzazione della colonna sonora alla violoncellista e compositrice islandese Hildur Guðnadóttir.

Conclusioni

Un film sicuramente duro, spietato.

Ma per questo violentemente vero, realistico e perciò degno di nota, di riflessione.

Un film che non si dimentica, che ti lascia perplesso e intimorito.

Affascinato dalla mente umana e sicuramente più responsabile nei confronti dell’altro.

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