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Il meglio di Fuori Orario: Cinema e Memoria Collettiva in streaming su Rai Play

A partire dal 10 aprile 2020 una prima lista di 24 film di Fuori Orario, tra cinema d’autore e classici restaurati è disponibile sulla piattaforma di streaming della Rai.

Ci voleva la Quarantena o, comunque è stata la situazione di emergenza che stiamo vivendo a dare la spinta finale ad un’idea già nata da qualche tempo all’interno della redazione di Fuori Orario, storico contenitore di immagini audiovisive di Rai Tre.

«La questione dei diritti resta complicata» rivela Roberto Turigliatto, uno degli autori del programma «Ma i nuovi film “scovati” da Fuori Orario d’ora in poi passeranno sempre su Rai Play». Continua, poi, parlando del collega Ghezzi, ideatore del format: «Enrico è un grande programmatore di televisione e molto di quello che so fare l’ho imparato da lui».

Enrico Ghezzi, creatore e “leader spirituale” del programma

Fuori Orario è nato nel gennaio del 1988 come “contenitore anarchico di immagini” tratte da film, dagli archivi della Rai e non solo, con un particolare accento al cinema d’essai italiano e internazionale.

Il programma va in onda nel palinsesto notturno di Rai 3 il venerdì, il sabato e la domenica fino alle 6:00 del mattino con una rassegna di lungometraggi e di corti d’autore.

Le 24 opere scelte per Rai Play sono pellicole per lo più inedite in Italia, che sono stati viste solo nei Festival o che hanno avuto una distribuzione molto limitata, praticamente delle “prime visioni”.

Tutti i film, ad eccezione di tre, sono produzioni europee oppure asiatiche.
Largo spazio è dato al cinema di questo continente, in particolare a quello del Sol Levante.

Fotogramma tratto dal film nipponico “Kyoto Story” di Yoji Yamada

Da segnalare in particolare, la mini retrospettiva di sei film dedicata al celebre maestro giapponese Yoji Yamada, ormai quasi novantenne ma ancora in attività.

Il più famoso è certamente Tokyo Family, film sulla malinconia della vecchiaia e sul conflitto intergenerazionale, remake del classico Viaggio a Tokio di Yasujiro Ozu.

Ma la locandina che ha attirato maggiormente il nostro sguardo è quella di Kyoto Story.

Se è vero che non bisognerebbe giudicare un libro dalla copertina – né , di conseguenza, un film dalla sua locandina – alcune immagini sono talmente perfette per le opere che rappresentano che ogni sostituzione sarebbe una violenza, uno snaturamento dell’opera stessa.

L’acquerello della ragazza con la valigia che guarda al di fuori del finestrino di un treno sembra distante e imperscrutabile come certi soggetti dei dipinti di Friedrich.

In effetti lo è, perché il suo cuore è altrove, un altrove spaziale che fa da controcanto all’altrove temporale ricordato – ma forse anche rimpianto – dal regista.

Quella raccontata dal film, infatti, è una doppia vicenda: una consistente nei turbamenti della giovane Kyoko, bibliotecaria part-time presso l’Università Ritsumeikan; l’altra è la storia del periodo d’oro dei Diaie Studios di Kyoto, raccontata tramite le testimonianze dei negozianti del quartiere, diligentemente raccolte dagli studenti di Yamada.

Un doppio registro, quindi, che mescola realtà e finzione, documentario e narrazione; il tutto pervaso da un sentimento melanconico di vagheggiamento e da una certa sindrome dell’ “età dell’oro” (sottoforma di vaghe speranze per il futuro per quanto riguarda la giovane protagonista, nei confronti degli anni ’50 e ’60 per l’anziano regista).

Una malinconia che è il preludio alla rassegnazione, della ragazza nei confronti del proprio destino, infine accettato per timore del cambiamento e per non ferire i sentimenti delle persone a lei care, e di Yamada nei confronti di un’epoca che è stata e che mai più ritornerà.

Il giovane ricercatore Enoki e la bibliotecaria Kyoko in una scena del lungometraggio

Un delicato elogio al cinema di un tempo che spesso ritorna nella produzione tarda di Yōji Yamada, insieme al tema della memoria personale, familiare e collettiva.

Una memoria che un mezzo potente come quello del cinema ha il compito di preservare e raccontare alle generazioni a venire tramite i suoi volti, le sue voci e le sue musiche.

Per questo il lavoro di raccolta e selezione di critici e cineasti come quelli di Fuori Orario deve essere incoraggiato e finanziato.

Il cinema è memoria collettiva e tutte le storie impresse su pellicola sono frammenti di immortalità.

Roberta D'Addario
Roberta D'Addariohttps://msha.ke/everycurlanidea/
Professionista digitale e essere umano in divenire. Esploro il mondo in cerca di avventure, che siano in una metropoli caotica, in mezzo a un bosco o sullo schermo del mio pc. Amante della musica, del cinema e delle lunghe passeggiate. Rincorritrice di sogni e di autobus.

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