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Le Fate Ignoranti 2.0: la serie Disney+ firmata Özpetek

A vent’anni dal successo travolgente dell’omonimo film, Le Fate Ignoranti di Ferzan Özpetek sbarcano su Disney+ in una versione aggiornata e ancora più “fluida”.

Le Fate Ignoranti – La Serie: la trama e il cast

È il 2001. Il regista di origini turche Ferzan Özpetek è sulla bocca di tutti con un film intitolato Le Fate Ignoranti, con cui che spiattella una moltitudine di tematiche sociali ben radicate, ma ancora tenute a bada dal cinema italiano mainstream.

Per certi versi, Özpetek potrebbe essere considerato il Pedro Almodóvar d’Italia. Non tanto per lo stile, diametralmente opposto, ma per lo spirito dei contenuti e dei personaggi. Entrambi i registi, ormai da decenni, propongono caratteri fluidi e legati alle minoranze. Basti pensare al tema della bisessualità, all’AIDS, alle tentazioni e alle pulsazioni più nascoste, al concetto di genitorialità tra coppie omosessuali.

Sarebbe limitativo etichettare l’operazione de Le Fate Ignoranti 2022 come un remake, in quanto si tratta più di un’ampliamento e un arricchimento di quanto già presentato vent’anni fa.

La serie, comunque, scaturisce dallo stesso presupposto narrativo del film originale.

A seguito della morte di Massimo (Luca Argentero) in un incidente stradale, la moglie Antonia (Cristiana Capotondi), scopre che suo marito aveva una relazione omosessuale clandestina con un ragazzo di nome Michele (Eduardo Scarpetta). Antonia, devastata dalla notizia, si ritroverà a stringere un’amicizia inaspettata con Michele e la sua eccentrica cerchia di amici.

La serie, costituita da 8 episodi, indaga non soltanto il rapporto fra i tre protagonisti, ma vuole essere uno specchio della società moderna. Il nutrito gruppo di amici di Michele è la vera materia che ribolle, sono le voci che gridano all’accettazione, all’espressione individuale, all’amore e alla libertà totale. Sono loro le vere fate ignoranti.

La quintessenza dell’opera di Özpetek

Le Fate Ignoranti – La Serie, co-diretta da Gianluca Mazzella e co-scritta assieme a Gianni Romoli, è probabilmente la quintessenza dell’intera opera del regista turco, in quanto include elementi autobiografici e fonde in sé tutto ciò che è caro all’autore.

Innanzi tutto c’è Roma, città d’adozione di Özpetek, che domina con i suoi tramonti, i suoi scorci mozzafiato e le location storiche. Il film, così come la serie, prende vita nel quartiere di Ostiense, il cui guardiano silenzioso è il Gazometro che sovrasta il panorama.

Si tratta di una città che regna soprattutto dall’alto delle terrazze, rappresentanza massima del cinema di Özpetek, nonchè locus amoenus di convivio, ritrovo e pace. Non a caso, oggi, le terrazze romane vengono spesso descritte come özpetekiane.

Allo stesso tempo c’è la Turchia. La quota del paese d’origine del regista è assegnata principalmente a Serra Yilmaz, attrice-feticcio di Özpetek e qui fata turchina, non soltanto per il colore dei capelli.

Ricorrente in altri lavori come La Finestra di Fronte, Saturno Contro, Rosso Istanbul e La Dea Fortuna, la Yilmaz trova uno spazio ancor più consolidato nella serie, dove si si indaga sul passato del suo personaggio (guardacaso omonimo) e si gettano nozioni storiche sul suo paese natale.

L’ultima puntata, in cui la Yilmaz ha un ruolo nodale, apre diverse strade narrative, che secondo alcuni potrebbero essere percorse in una seconda stagione de Le Fate Ignoranti.

Come già successo in altri film (in particolare Il Bagno Turco e Rosso Istanbul), c’è anche Istanbul stessa, dove Antonia si reca assieme al nipote di Serra, Asaf (interpretato da Burak Deniz, molto celebre in patria), per trovare nuova linfa vitale.

La terrazza come microcosmo di voci

Il vero protagonista della serie è il gruppo di amici di Michele. Il regista include nel microcosmo di personaggi tutta una serie di rappresentanze che, puntata dopo puntata, fanno emergere il proprio estro e le problematiche ad essi correlate.

Viene dato spazio alla discussione sulle unioni civili tra omosessuali (protagonisti gli affascinanti Edoardo Purgatori e Filippo Scicchitano), allo status di single in età più matura (l’autoironico Valter di Edoardo Siravo), all’inadeguatezza sociale e sentimentale (la mattatrice Paola Minaccioni), ai costanti dubbi della figura materna (un’irresistibile Carla Signoris).

Ma è il personaggio di Vera che splende nel panorama dei nomi che abitano la terrazza di Michele.

Interpretata da Lilith Primavera, Vera è un ragazza transgender, che cerca di recuperare il rapporto con la madre che non l’ha mai accettata. La puntata a lei dedicata è uno dei momenti più sinceri, toccanti e disturbanti di tutta la serie.

La condizione di Vera rispecchia quella di tantissime giovani donne nella sua stessa condizione e, gli autori, sono riusciti a toccare delicatamente questo importante tassello.

Lasciato, invece, totalmente da parte è Sandro (un anonimo Samuel Garofalo), vittima di omofobia e attacchi fisici. Il suo personaggio, oltre a essere poco caratterizzato, non trova spazio nella complessità degli altri protagonisti e risulta malamente abbozzato, trascurando un hot topic che avrebbe necessità di più visibilità.

Non sono pochi i momenti in cui stereotipi e pregiudizi vengono a galla (in primis un’idea patriarcale della relazione in cui è l’uomo a dover sostentare la donna), ma fortunatamente vengono messi da parte da momenti altresì molto toccanti e più riusciti, come l’intimità conflittuale tra Ambra Angiolini e Anna Ferzetti.

Ogni incontro è prezioso

C’è qualcosa di dolcissimo e assolutamente veritiero nella morale intrinseca de Le Fate Ignoranti: ogni incontro della vita ha motivo di esistere.

Indipendentemente dal percorso che si sceglie o che il destino ci riserva, ogni persona che si attraversa il nostro cammino è fondamentale. Ma non sempre ce ne rendiamo conto.

In fin dei conti, le fate ignoranti sono quelle che incontriamo e non riconosciamo, ma che ci cambiano la vita.

Riccardo Armonti
Riccardo Armonti
Potete trovarmi dentro un film di Charlie Chaplin, nei dischi dei Beatles o tra le pagine di Herman Hesse. Ho vissuto in tre continenti, ma non ho ancora assaggiato un ragù che possa competere con quello della mamma.

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