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Violenza, Capitalismo e Mass Media: Il Significato di The Boys II

Interpretare The Boys come una banale satira o una perfetta parodia dei supereroi sarebbe troppo semplicistico. Dietro l’irriverenza, la cattiveria e la violenza mostrate su Amazon Prime per due stagioni e centinaia di pagine a fumetti, si intravedono – per nulla nascoste – prospettive e denunce ben più pericolose dei classici villain.

L’eroe è morto

La decomposizione del concetto di “super” era già iniziata con la morte di Tony Stark, il fu Iron Man. Dopo di lui il nulla cosmico, per fortuna. Persino chi li amava così tanto (Marvel o DC che fossero) si era reso conto che in realtà non se ne poteva più. Troppo perfetti. Troppo bravi. Troppo prevedibili e quindi noiosi.

Poi sono arrivati, loro malgrado, i ragazzi dellUmbrella Academy. Svogliati contro-eroi che per sbaglio si ritrovano a combattere per salvare il mondo che loro stessi hanno messo in pericolo (due volte). L’umanità è il loro potere principale, non nascondono paure e debolezze e per questo piacciono. 

Dalla gloria divina senza macchia e peccati, si torna quindi con i piedi per terra e l’eroe diventa umanamente bilanciato, forse anche odioso, egli è “super” contro la sua volontà.

Ma non è finita. La parabola scende ancora e tocca il punto più basso quando la corporazione multinazionale Vought crea eroi in laboratorio per ogni evenienza e necessità. L’America deve essere salvata e dei super non può fare a meno.

Ci sono eroi per tutti i gusti: quello che vola e lancia raggi laser dagli occhi (Patriota, Antony Starr), quello velocissimo (A-Train, Jessie Usher), quella fortissima (Queen Maeve, Dominique Mc Elligot), quella che sa manipolare la luce (Starlight, Erin Moriarty), quello invisibile (Translucent, Alex Hussel), quella che scarica fulmini e saette (Stormfront, Aya Cash), il misterioso e muto Black Noir e c’è pure quello che sa parlare con i pesci (Abisso, Chace Crowford).

gli antieroi di the boys

Sono i famosi Sette. Ma i laboratori della Vought, grazie al composto V che rende l’uomo normale un supereroe, ne sfornano a migliaia ogni giorno. Il ricambio è assicurato. 

In The Boys chi ha poteri straordinari si trasforma in un prodotto da sfoggiare e da vendere alle masse. Per unire le masse. O dividerle. Per plagiarle secondo scopi e fini puramente aziendali. In cambio per loro un mucchio di soldi, notorietà, fama, celebrità, pranzi, cene, selfie e feste private.

Il super viene svuotato totalmente di ogni caratteristica, virtù e potere in favore del profitto. Il super è il prodotto del capitalismo sfrenato americano. E in The Boys ne subisce le conseguenze.

Salvare se stessi

L’assuefazione e il fascino meschino di essere diventato una celebrità agli occhi dell’America, imprigiona il super, rendendolo schiavo di dinamiche capitalistiche di cui non riesce più a fare a meno.

Non ci sono poteri che tengano, perché quando notorietà e popolarità iniziano a svanire, chiunque farebbe qualsiasi cosa per riconquistare ciò a cui è assuefatto. “Salvare” se stessi è l’unica missione possibile. Con ogni mezzo, che per la verità è sempre lo stesso: la violenza.

Gli “eroi” di The Boys non si fanno, quindi, scrupoli ad uccidere e far esplodere teste di chiunque, anche innocenti, pur di vedere alzarsi il loro indice di gradimento. I Sette non sono quello che la gente crede che siano: non sono i salvatori della patria, non sono i protettori della giustizia. Sono solo un branco di ragazzini viziati e ricchi che sfruttano la popolarità per fare ciò che vogliono, tanto chi oserebbe accusarli?

La nazione, infatti, ha bisogno di loro, perché minacciata ogni giorno da cattivi e terroristi.

La Vought dà agli eroi la possibilità di guadagnare consensi spedendoli in missioni eroiche ad accaparrarsi la popolarità necessaria per rimanere in auge e, al contempo, dà all’America cattivi da odiare. Crea le minacce da cui il paese deve essere salvato. Da chi può permetterselo.

Ed è qui la genialità del piano. E soprattutto la metafora dell’America di oggi.

Il nemico non esiste

Il sovranismo e il populismo, in America, ma non solo, sfruttano le debolezze e le paure della gente per giustificare l’utilizzo di ogni mezzo affinché presunti problemi nazionali possano essere risolti dal più forte o da chi ha il potere di farlo. E quando i problemi non esistono vengono creati ad hoc.

La Vought ha il composto V con cui crea sì eroi, ma anche super-cattivi che all’occorrenza vengono lanciati sul mercato affinché i Sette possano far vedere alla Nazione quanto sia importante puntare su di loro. Ovvero, sull’uomo forte, non su quello banale, dozzinale, ma sull’uomo imbattibile, o presunto tale, in grado di soddisfare, per estensione, le fantasie di grandezza dell’uomo comune.

E se non ci sono i super-cattivi in provetta di turno, allora c’è questa o quella minoranza etnica in grado di minacciare la sicurezza dell’America. E chi se non i super possono controllare le frontiere, tenendo tutti al sicuro?

Ma anche all’interno dei Sette è vietato, secondo Patriota, accettare e accogliere super che per sfortuna sono nati con qualche difetto fisico e che non siano stati scelti da lui e lui soltanto.

Così al povero cieco Blindspot Patriota fa saltare la testa e minaccia Ashley Barrett (Colby Minifie, vicedirettrice della Vought) di ucciderla se avesse deciso ancora una volta per suo conto chi inserire fra i Sette.

E di questa violenza gratuita, più o meno esplicita, ne sono piene le due stagioni.

Ora, non è difficile leggere tra le righe, anzi, tra le scene delle varie puntate, un chiaro riferimento a quanto gli statunitensi siano stati manipolati dai media nel credere di aver bisogno di un uomo che sin da subito si è presentato come quello “forte”, arrivando a farsi eleggere come presidente.

Il popolo pecora è schiavo delle celebrità e ama i sensazionalismi. I media vanno a nozze con le notizie catastrofiche: bombardano la gente con titoloni e slogan, mostrando a tutti il prossimo nemico da odiare.

Tipica dinamica e mentalità nazista, ma basta non pronunciare quella parola e la gente applaude. 

Il caso Stormfront

Prendiamo il caso di Stormfront nella seconda stagione, per esempio. Supereroina centenaria, tedesca di nascita, nazionalsocialista incallita e portatrice malsana delle idee hitleriane, tenterà di instaurare una sorta di “quarto Reich” dei supereroi, convinta che la sua razza sia quella più pura, più forte, più adatta a sopravvivere in questo mondo.

Ad ogni comizio si porta dietro Patriota, l’eroe più amato dagli americani, il cui appoggio è fondamentale: insieme convincono la popolazione che più supereroi ci sono, più la nazione sarà al sicuro. Ecco perché vogliono diffondere e utilizzare il composto V su tutti gli uomini più degni e più valorosi e trasformarli in eroi che, poi, domineranno il paese.

foto di stormfront

Lei stessa dice: “La gente ama quello che dico, ci crede, è solo che non ama la parola nazista”.

Con una sola battuta Stormfront è riuscita ad esprimere i due concetti base di ogni ideologia estremista: intolleranza e potere mediatico.

I ragazzi di Butcher

Tuttavia concetti come democrazia, speranza e libertà sono duri a morire. La politica americana e mondiale metaforizzata nelle due stagioni di The Boys non può prescindere anche da sacche di resistenza contro il potere centrale.

Ecco, quindi, che “sbucano” i ragazzi di Bill Butcher (Karl Urban). Chi per un motivo e chi per un altro, vogliono smascherare la Vought e far capire al popolo che i super non sono altro che dei fannulloni e finti eroi. Per questo sono ricercati dalle massime autorità come terroristi, in quanto hanno osato sfidare il sistema.

Servono, però, prove concrete per far crollare la torre della Vought e liberare la mente degli americani dalle falsità costruite. Prove che man mano i nostri eroi riescono a raccogliere con lo stesso modus operandi dei super: uccidendo e corrompendo. 

Non senza assistere o provocare incidenti e situazioni che vanno al di là della demenza. Per uccidere Translucent, per esempio, uno dei Sette, Hughie Campbell (Jack Quaid), lo fa esplodere ficcandogli nel retto un’esplosivo artigianale.

Oppure, mentre i “nostri” ragazzi finalmente assistono al processo in grado di far crollare le azioni e il consenso della Vought, tutti i testimoni che con fatica erano stati convinti a parlare muoiono in seguito all’esplosione della loro testa.

Insomma: una stagione “col botto” anche la seconda che, tra alti e bassi, porta a compimento tutte le storyline presentate nella prima parte.

La deriva dei personaggi

I personaggi di The Boys, poi, sono caratterizzati a puntino.

Patriota, Butcher e Hughie sono quelli che, fra tutti, hanno subìto una maggior evoluzione durante le due stagioni. Gli eventi non li condizionano come succede con gli altri, ma li creano.

Certo, l’eroe che ricorda molto Superman (Patriota) è quello che ha dovuto adattarsi ad una spalla (Stormfront) senza la quale non avrebbe avuto più senso averlo anche per la seconda stagione.

Se nella prima, infatti, Patriota rappresentava l’eroe più corrotto, più soggiocato dalla Vought e, conseguentemente, quello più ricercato dai ragazzi di Butcher, nella seconda stagione, esauritasi la spinta della novità, lo ritroviamo alle prese anche con l’essere un papà non proprio all’altezza delle aspettative del figlio (nato da uno stupro alla moglie di Butcher).

Per fortuna c’è con lui Stormfront che gli dà un motivo per continuare ad odiare il genere umano: quando ci saranno abbastanza supereroi da governare l’America, Patriota e Stormfront saranno i due leader indiscussi. I più amati.

Applausi scroscianti dal popolo. Le quotazioni salgono. La Vought spadroneggia e privatizza la libertà.

Tutti gli altri, dai super alla squadra di Butcher, subiscono passivamente le vicende della Vought. Un’eccezione potrebbe essere rappresentata da Starlight (Erin Moriarty), paladina ancora “vecchio stampo”, il cui unico sogno era far parte dei Sette e poter salvare il mondo.

Quando scopre che la sua vita è stata costruita in laboratorio, mentre la madre le aveva fatto credere che i suoi poteri erano un dono divino, e che i Sette non sono altro che dei poveri stronzi, decide di aiutare Hughie e Butcher a far emergere la verità.

Per il resto tanta satira, demenzialità, violenza ricercata e cattiveria sublime in un prodotto che prima di tutto è una palese denuncia politica dell’estremismo di destra americano (e del mondo) e degli effetti devastanti del capitalismo sfrenato.

Questi i temi cari a The Boys, che Eric Kripke (ideatore) mantiene in auge in entrambe le stagioni, sviluppandoli in un crescendo di battute e colpi di scena, a discapito delle storyline dedicate solo ai poteri dei super e chiudendo il main plot, senza lasciare cliffhanger. Più o meno…

Con buona pace dei buonisti del genere.

Luca Nasetti
Luca Nasetti
Laureato in Filosofia della Religione e giornalista professionista dal 2008. Appassionato di giochi di ruolo da tavolo e dal vivo, letteratura fantasy e cinema.

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