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13 Reasons Why: un teen-drama a cinque stelle

5 stelle su cinque. Questo è stato il personale voto che ho messo a 13 Reasons Why, avendo avuto il merito di catturarmi come da tempo una serie non faceva. I vari perché mi furono subito chiari e ve li espongo qui di seguito.

Invece di proseguire con una recensione standard, ho deciso di compiere un elenco numerico (in perfetto stile 13) sul perché questo telefilm secondo me si merita cinque stelle, attribuendo ad ogni stella il motivo per cui se l’è guadagnata. Ecco la mia visione della serie.

Prima stella: La regia di 13 reasons why

È senz’altro d’obbligo spendere la prima stella in favore della regia. Tutto fila liscio e tutto risulta comprensibile dal punto di vista narrativo, sebbene molte sono le cose sulle quali sarebbe stato possibile cadere in fallo, dalla prima all’ultima sequenza. La serie è infatti basata su flashback, ricordi, visioni e persino su scene ipotetiche di eventi che sarebbero potuti andare in un modo e invece si sono svolti diversamente.

Poiché 13 reasons Why si basa sull’alternarsi di presente e passato, ha un’importanza determinante la caduta dalla bici di Clay nelle prime scene del pilot, la quale gli provocherà una ferita che si porterà dietro – scoperta o rivestita da un cerotto – per tutte le puntate. Grazie a questo arguto espediente visivo gli spettatori possono in ogni momento essere consci del tempo dell’avvenimento che si sta vedendo semplicemente controllando la fronte del ragazzo: se la ferita c’è, allora si è nel presente, in caso contrario allora siamo nel ricordo/immaginazione del personaggio.

Ma ho citato solo uno dei tanti espedienti scenici che hanno reso la narrazione fluida e facilmente comprensibile nonostante i frequenti salti temporali. Senza la cicatrice di Clay infatti – ma poi su cosa avrebbero fatto i meme in rete? – ci sarebbe comunque stato il cambio filtro a segnalarci il passaggio da un evento presente ad uno ricordato/immaginato.

Oggettivamente, non credo che qualcuno possa lamentarsi più di tanto del lavoro di regia svolto in 13 Reasons Why (e in caso contrario sarei curioso di saperlo).

Seconda stella: Coinvolgimento

Quando ho fatto, per curiosità, il test su “che personaggio di 13 Reasons Why sei?” alla domanda “come giudicheresti la serie?”, non ho avuto il benché minimo dubbio nel cliccare sull’opzione che diceva: una serie da vedere tutta d’un fiato.

Perché è stato così. Se non avessi avuto impegni di routine come le lezioni universitarie o quelli senz’altro più utili del mangiare e dormire, avrei probabilmente visto tutte le tredici puntate di seguito, così come ha fatto un mio amico insieme alla sua ragazza (non potevo non citare questa loro titanica impresa che li ha tenuti incollati per tredici ore al video!).

Chi di voi, vedendolo, non ha sentito il bisogno di andare oltre e sapere sempre di più sull’evolversi della storia? Se non altro per sapere cosa accidenti aveva combinato quel casco di Clay!

Pur se il tema, in effetti, viaggi in modo uniforme sulla stessa linea dura e pressantemente malinconica a tal punto da sconfinare nell’ansia in alcune scene, questo non toglie il gusto dello spettacolo e l’attenzione rimane viva grazie ai molteplici intrecci che si vengono inevitabilmente a creare.

Insomma: se qualcuno di voi ha deciso di smettere di vedere la serie perché la riteneva troppo noiosa si faccia avanti. Nessuno? Come sospettavo.
E comunque dal test sono risultato essere Clay. Cvd.

Da dove tutto iniziò. Da quell’invio premuto per scherzo. Al centro Brandon Flynn nei panni di Justin Foley.

Terza stella: Tematiche affrontate in 13 Reasons Why

Lungi dall’istigare ragazzi problematici a compiere il suicidio (spero che nessuno l’abbia vista sotto questa luce o significherebbe che non ha capito molto e dovrebbe riguardarsela più attentamente) questa è una serie che serve.

La visione è utile sia per chi compie atti di bullismo sia per chi ha nella testa pensieri distruttivi come quelli di Hannah o di Alex, perché la serie mette in mostra le ripercussioni di gesti estremi come quello, appunto, di mettere fine alla propria vita.

Le scene dei coniugi Baker, i genitori di Hannah, sono state le più strazianti a livello emotivo. Ogni volta che li vedevo apparire sullo schermo sentivo un’oppressione crescermi nel petto e speravo che la scena si concludesse presto.

Complimenti alla regia, ancora una volta, nel presentarci la donna della coppia prima e dopo il suicidio della figlia. Quasi due persone diverse: da quel volto scavato e spento traspare tutta la sofferenza che una madre deve pagare dopo un’azione tanto “sconsiderata” (non voglio dare altri aggettivi che potrebbero giudicare il gesto) del proprio/a figlio/a.

E il padre? Che studio anche sul suo personaggio! Ad inizio serie sembra quasi aver subito in maniera ridotta il contraccolpo psicologico per quanto accaduto. Lo vediamo (ovviamente rabbuiato, ma questo glielo concediamo) dedito al suo lavoro e a sua moglie, che al contrario ha completamente “perso la bussola” e ciò risulta evidente dal primo istante. Insomma, sembra lui l’ancóra a cui la coppia deve aggrapparsi per riuscire a superare il terribile lutto.

Invece inaspettatamente crolla. Crolla davanti ai nostri occhi quando lo vediamo piangere durante la cena a casa, crolla quando propone di andare via dalla città rinunciando al lavoro e crolla infine quando va a cercare “vendetta” dal consulente della scuola, mostrando la poesia struggente di Hannah pubblicata sul giornalino scolastico.

Dylan Minette, alias Clay, e Katherine Langford, alias Hannah, in una scena della serie.

È un essere umano anche lui e come tutti è fragile e gli autori non hanno mancato di mostrarcelo nonostante fosse un personaggio – possiamo dire – per certi versi secondario.

13 reasons why serve a far riflettere, è uno degli scopi principi della sua creazione sebbene si sia dimostrata avvincente anche nella trama in quasi tutti i suoi passaggi.

Serve a far riflettere chi si è potuto riconoscere in uno qualsiasi dei comportamenti mostratici. A chi reputa un suo gesto ai danni di un’altra persona come inoffensivo, scherzoso. Fa capire che non tutti riescono a vederlo in questo modo e, anzi, alcune persone potrebbero rimanere profondamente ferite dal gesto stesso o dalle sue possibili ripercussioni.

Riflettete, perché non tutti diamo lo stesso peso a determinate parole, a determinati pettegolezzi, e soprattutto pensate bene alle conseguenze che determinate azioni possono avere per l’altra persona, che sia nel breve o nel lungo periodo. 

“Deve migliorare. Il modo in cui ci trattiamo e ci diamo una mano. Deve migliorare per forza”

Clay Jensen

I temi che ha trattato la serie non erano propriamente facili da “maneggiare” ma 13 reasons why è riuscita a farlo in maniera davvero magistrale, mostrandoci non un solo lato della medaglia ma diversi punti di vista relativi alle stesse – drammatiche – vicende.

Sono criticabili? Sono assolvibili? Giustificabili? Nessuno di noi può dirlo, nessuno può farsi giudice dei comportamenti altrui poiché la testa di ognuno lavora ed elabora in maniera differente. Come si dice: “il mondo è bello perché è vario” e questo sono sicuro sia un altro utile spunto di riflessione che la serie ha voluto darci.
Il pensiero “io avrei agito diversamente” non deve, a mio parere, essere giudicante per il come ha agito l’altro.

Potreste voi “perdonare” Zach per non essere intervenuto alla velata – ma neanche troppo – richiesta d’aiuto di Hannah, conoscendo ora la sua verità, ossia l’insicurezza e la paura che lo attanagliava? Oso di più e mi spingo ancora oltre…Potrebbe essere in qualche modo ridimensionato – senza che ciò lo assolva, si badi bene – il crimine di Tyler, di aver stalkerato Hannah, sapendo che ne era innamorato e dunque non vi era solo un desiderio completamente malato?

Quarta stella: Emozioni trasmesse

Non dite di no, non fate finta di essere rimasti impassibili per tutto il tempo!
Non venitemi a dire che non avete provato tristezza nello scoprire il destino di Jeff o rabbia ogni qualvolta Courtney apriva bocca, che non avete mandato a quel paese – usando un eufemismo – Bryce quando…be’, tutte le volte che compare sulla scena!

E scommetterei persino che qualche lacrimuccia abbia bussato alle porte dei vostri occhietti in momenti più…raccolti.

Se una cosa riesce a trasmetterti delle emozioni, se riesce a coinvolgerti a livello emotivo, direi che è un qualcosa che vale.

Quinta stella: Recitazione

Siamo arrivati sin qui e ora non credo vi siano più dubbi sulla validità della serie e su quanto essa sia “potente” sotto molti punti di vista. Ci sarebbe da analizzare uno per uno i personaggi, per quanto siano quasi tutti ben caratterizzati, con i loro pro e contro morali, con i loro disagi giovanili e con le relazioni di potere che si intessono nell’ambiente liceale americano.

Probabilmente la quinta stella dovrebbe essere indirizzata a questo: l’ottima recitazione dei giovani interpreti. Ognuno di loro recita la propria parte in maniera appropriata e quanto più coerente al personaggio, ad iniziare da Dylan Minette (Clay), passando per Miles Heizer (Alex) e finendo poi con Justin Prentice (Bryce). E che dire di Katrine Landford (alias Hannah)?
Io l’ho trovata decisamente coinvolgente nella sua interpretazione e voi?

I due colleghi si godono la pausa pranzo fuori il Crestmount.

Conclusioni

Questo è ciò che penso di 13 Reasons Why, anche se sulla serie ci sarebbe da parlare e aprire un dibattito lunghissimo!

Vi lascio con una perla che scommetto i più attenti avranno notato in presa diretta. Nell’episodio 3, nella scena in cui Clay porta Hannah sulla cima del Crestmount a vedere l’eclissi, si sente il ragazzo dire, indicandole la luna: “Vedi, c’è un’ombra che cresce”.

A quel punto Hannah ripeterà con voce enfatica: “c’è un ombra che cresce…” alludendo all’oscurità che iniziava a maturare dentro di lei.

Mia piccola, dolce Hannah….sei solo all’inizio, purtroppo!

Valerio Cioccolini
Valerio Cioccolini
Vi piacciono le serie tv? Andremo d'accordo. Non vi piacciono? Beh...andremo d'accordo ugualmente.

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