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Bridgerton: inclusività, femminismo e sesso senza volgarità

Benvenuti a Bridgerton: «È stato detto che tra tutte le cagne, vive o morte, una donna che scribacchia è la più canina. Se ciò è vero l’autrice gradirebbe mostrarvi i suoi denti. Mi chiamo Lady Whistledown, non mi conoscete e vi assicuro che non mi conoscerete mai, ma vi avverto, gentili lettori, io di certo conosco voi».

e poi ancora…

«In guerra, ma soprattutto in amore ogni arma è lecita e non c’è niente che l’autrice ami più di uno scandalo».

La firma di Lady Whistledown

La stagione degli amori, il mercato del matrimonio, la fabbrica dei sentimenti o in qualsivoglia modo desideriate chiamare l’ostentazione pacchiana del debutto in società delle nobili signorine londinesi di inizio ottocento, non è altro, invero, che una sadica “guerra” di pettegolezzi ignobili tra madri frustrate e famiglie d’alto lignaggio sull’orlo del fallimento, ma vi assicuro, gentili lettori, che è davvero molto molto divertente.

E chi ha la sottile arguzia di captare sguardi fugaci, finti dinieghi, balli nascosti, tresche e parole dolci dei “poveri” partecipanti agli eventi mondani e chi ha l’intelligenza di interpretarli, di analizzarli e ridicolizzarli, ha anche il potere di creare, nascondere e scoprire con scaltrezza e ilarità quegli scandali che possono indirizzare il destino degli uomini. E delle donne.

Lady Whistledown è la “voce di Londra” del 1813, la miglior penna che l’Inghilterra abbia mai avuto, la più grande cronista di gossip e mondanità della storia che racconta e ironizza con semplicità, sagacia ed un piccato gusto nel dissacrare luoghi comuni e conformismi, le vicende amorose della comunità nobile londinese ai tempi della Regency. Ed in particolare della famiglia Bridgerton.

Il giornale di Lady Whistledown

Creata da Chris Van Dusen, prodotta da Shonda Rhimes e tratta dai romanzi di Julia Quinn, la prima serie di otto puntate è andata in onda su Netflix a Natale, ed è dedicata alle tresche, agli amori tormentati e al gossip della Londra bene di inizio ottocento. È stata una sorpresa non tanto come love serie, ma come veicolo di temi contemporanei e assolutamente attuali.

Le “pollastre”

«Non capirò mai questa moda delle piume in testa, perché porre ancora più l’attenzione sul fatto che siamo pollastre in cerca di attenzioni maschili? (…) Perché la scelta dev’essere sempre tra starnazzare e covare o non lasciare mai il nido?»

Eloise Bridgerton, interpretata fantasticamente da una giovane Claudia Jessie, incarna perfettamente l’idiosincrasia nei confronti del maschio (o maschilismo) conservatore dei tempi e sogna, anzi agogna, di spiccare il volo verso nidi più consoni alla sua natura disgustata e ribelle.

Eloise Bridgerton

Le prime tre-quattro puntate, miei gentili lettori, sono davvero uno spaccato esilarante (e non vi chiederò perdono per l’epiteto mie care signore, spiegherò avanti il perché) della condizione della donna nel primo decennio dell’ottocento.

Soffocate da: un’educazione priva di scopo se non quello di trovare un marito che potesse compiacere o addirittura salvare il nome e le casse della propria famiglia e da un corsetto che ne risaltava, anzi no, ne gonfiava in modo indicibile, pomposo, sensualissimo ed esageratemente evidente il seno (financo a dargli vita propria ad ogni faticoso respiro), tutte le figlie che avessero fatto il loro debutto in società, erano in gara l’un con l’altra per accaparrarsi il “miglior partito” su piazza, così da evitare il temuto e ignominioso appellativo di… zitella!

Lady Whistledown, la voce di Londra, o meglio la voce di Julie Andrews nella versione originale della serie (Melina Martello in quella italiana), accompagna fuori campo le vicende di quelle povere pollastre appunto, vittime di un mondo senza spessore sociale, perché culturalmente defici… tario. E ci scherza sopra ridicolizzando gli stessi maschi rappresentandoli come meri animali da monta in balia del testosterone e ironizza senza mezzi termini l’invidia tra le Lady, gli amori senza amore e i matrimoni come merce di scambio.

Julie Andrews è la voce di Lady Whistledown

Invidia che poi scatena odio. Odio che scatena vendetta. E l’unico modo di vendicarsi era (ed è miei cari lettori e lettrici), tanto per cambiare, spettegolare!

Dalle fake alle notizie

Da principio l’unico scandalo era che una donna, per giunta sotto pseudonimo, scrivesse e ridicolizzasse i costumi e le mode della società bene di Londra.

«Un uomo, ha avuto l’ardire di affermare miei gentili lettori, che tali false notizie, seppur argutamente raccontate, fossero frutto del lavoro di un maschio». Dopo essere stato deriso dalle donne intorno a lui e dopo che i fatti che erano sotto gli occhi di tutti iniziavano a dare ragione ai pettegolezzi scritti da Lady Whisteldown, tutti e dico tutti miei gentili lettori, convennero che non solo fosse una donna a scriverle, ma date le circostanze, il pettegolezzo stesso diventò fonte di indiscutibile di verità.

Per una donna credere che la cultura, i libri e la conoscenza fossero più importanti di “trovare marito e mettere su famiglia”, era considerato un oltraggio alle tradizioni. Chiedete ad Eloise appunto e a Penelope Featherington (Nicola Coughlan).

Penelope Featherington

In Bridgerton le donne che pensano con la propria testa non sono prese in considerazione da nessun uomo per il matrimonio.

E se una donna non trova marito, la sua vita non vale nulla. Le idee libere invece, il pensiero cosciente ed analitico sono una minaccia alla virilità di duca e conti e alla loro reputazione. Le donne come Eloise e Penelope vengono trattate (solo dagli uomini) come tenere pazze da consolare ogni tanto. A volte anche un po’ bullizzate.

Difficile trovare spazio in questo mondo, vero piccole Eloise e Penelope?

Per denunciare un sopruso e un’ingiustizia come questa, per poter spiccare il volo e realizzare tutti i sogni (di vendetta) che non siano pannolini e poppate, una donna ha la geniale intuizione di creare un opuscolo, ovvero il primo rotocalco “rosa” dell’epoca, che mette su pubblica piazza i difetti e le incongruenze di quella stessa società prendendole in giro. Rendendole oggetto di scherno. Inoltre, perché tutto fosse più veritiero o verosimile ed aggiungere un senso di mistero alla narrazione, l’identità dell’autrice rimane nascosta.

Credere a ciò che scrive Lady Whistledown pian piano diventa una religione quindi, un credo. Anche fra gli uomini. Il suo giudizio prevale su tutto e può distruggere come far risorgere il nome di una casata.

«Le vite dei protagonisti sono in mano mia, miei cari lettori e lettrici».

Il debutto in società

E nonostante la “giornalista” affamata di gossip e di rivalsa sia essa stessa una figlia dei suoi tempi, l’anonimato, l’arguzia, la cultura e il talento di scrivere e descrivere la vita mondana con ilarità e sottile satira tipica inglese, risveglia un senso di lotta e resilienza in (quasi) tutte le altre donne di Bridgerton.

Per la verità, c’è chi nasce già così. C’è chi ha innato un senso di dominio e di controllo degli eventi che riesce a plasmare il tempo e lo spazio oltre che i pensieri delle persone, condizionandone le scelte e le azioni.

Tre fra tutte: Lady Danbury aka Adjoa Andoh (sublime, affascinante, meravigliosa); Siena Rosso alias Sabrina Bartlett e, udite udite, la Regina d’Inghilterra Charlotte di Meclemburgo-Strelitz, ovvero Golda Rosheuvel. «Di quest’ultima, miei gentili lettori, va apprezzato l’acume, l’intelligenza e la consapevolezza di voler essere sempre “coinvolta” in qualcosa che va al di là della routine di corte».

«Non mi interessano gli intrallazzi di una sguattera», dice Sua Maestà.

La Regina d’Inghilterra è Golda Rosheuvel

Per questo durante i tè di corte, i balli e gli eventi mondani in cui può stabilire un contatto diretto con le vittime del mercato del matrimonio (a cui Lei sola può dare la benedizione), la Regina semina e suggerisce indizi su tutti o sulla vittima del momento.

La Regina ama essere al centro del gossip, ma solo come artefice. Per Lady Whistledown quindi, che ama gli scandali, la Regina è una sorta di fonte indiretta (giornalisticamente parlando) delle notizie che pubblica (cosa c’è di più attendibile che un pettegolezzo orchestrato e/o suggerito dalla Regina stessa?).

D’altra parte per la Regina Charlotte Lady Whistledown rappresenta l’appagamento del suo ego: leggere di tradimenti, gelosie e scandali specie se questi hanno avuto origine da alcuni indizi che lei ha lasciato per strada, la intrigano piacevolmente.

«Ma c’è una cosa che tutti devono sapere miei gentili lettori, e che la Regina disprezza più di ogni altra: avere torto».

Il rovescio della medaglia

Di diversa natura invece, il pensiero della protagonista Daphne Bridgerton (Phoebe Dynevor).

Daphne Bridgerton

Il suo desiderio è quello di ogni altra donna plagiata dalla società e della madre rimasta vedova Violet Bridgerton (Ruth Gemmel), ovvero sposarsi. Violet ha sempre protetto la figlia da eventuali delusioni d’amore e la prepara al matrimonio come fosse l’apice e il traguardo primario di ogni donna per realizzare se tessa. Daphne crede nell’amore e vuole che il suo matrimonio avvenga solo se questo è presente.

Daphne Bridgerton con sua madre Violet

«Quale è il mio dovere? Non sai cosa vuol dire essere una donna, come ci si sente a sapere che la propria vita è ridotta ad un solo momento. Sono stata cresciuta solo per questo, (..) è tutto ciò che sono, non ho un altro valore. Se non riuscirò a trovare marito sarò una donna inutile» dice Daphne.

Ma c’è un rovescio della medaglia: Lady Whistledown combatte i pregiudizi della società distaccandosene e facendo vedere a tutti quanto siano ridicole certe regole (soprattutto per le donne); Daphne combatte lo stesso nemico, ma dall’interno, massacrando il concetto che il matrimonio sia solo un contratto esclusivo di scambio merci e denaro, perché ciò che lei vuole è ciò che tutte le sue avversarie hanno solo sognato. L’amore.

Inclusività sì, ma nessuna dittatura

A rendere tutto più scandaloso per l’epoca storica reale della serie, ma non per quella immaginaria creata da Quinn e Van Dusen, è l’amore (ma non solo) che nasce fra persone di colore diverso.

In Bridgerton non c’è distinzione di etnia, religione o pensiero. Londra è il centro del mondo, è l’apice della globalizzazione multietnica, concetto politico e sociale che per noi oggi rimane ancora pura utopia.

La splendida Adjoa Andoh è Lady Danbury

L’apertura all’altro è totale, scontata direi quasi, e vedere la Regina, i Lord, i Duca, i Conti e giovani pretendenti con la pelle nera che se la spassano a volte anche a spese dei bianchi, beh… fa un certo effetto.

«Certo miei gentili lettori, tutto questo cozza non poco con la chiusura invece nei confronti dell’emancipazione femminile». Ed è un vero peccato mi verrebbe da dire, ma senza questo iato culturale, Bridgerton sarebbe stata talmente perfetta (nei temi, signori) da sembrare noiosa e inguardabile.

La contemporaneità, l’attualità e le provocazioni di Bridgerton stanno proprio qui, nascono da una domanda fondamentale, anzi fondante la serie stessa: cosa sarebbe accaduto nel 1813 in Inghilterra se la Regina fosse stata di colore? E se i nobili, i duca, i baroni, i visconti avessero avuto terre e domini propri con servitù bianca?

Cosa sarebbe accaduto durante la stagione del mercato del matrimonio in una Londra multietnica?

Lady Danbury e il Duca di Hastings

Per questo ritengo stucchevoli e a dir poco confusi, inutili e inadeguati alcuni (pochi pochi per fortuna) commenti sugli attori di colore che hanno recitato in Bridgertion. Per questi è inaccettabile rappresentare la Regina Charlotte con un’attrice di colore “perché storicamente la regina non lo era”, il tutto nel nome di un’inclusività che ormai è d’obbligo.

Così come è inaccettabile che moltissimi nobili siano interpretati da altri attori di colore, “perché nessuno di loro lo era” e, qualora lo fossero stati, “non sarebbero mai stati accettati dagli altri Lord”.

In poche parole, secondo alcuni “va bene l’inclusività, ma il rispetto per la storia va mantenuto”. Sorry, ma sta cosa non regge proprio quando si parla di fiction, miei gentili lettori.

La corte di Sua Maestà

In Bridgerton l’inclusività è più che rispettata, è il fondamento stesso della serie. Ciò che non l’ha resa un obbligo invece, o meglio ciò che non adduce e giustifica mai una dittatura inclusiva di attori di diverse etnie è la totale assenza nei dialoghi e nelle trame di riferimenti razzisti.

Se lo scopo era rappresentare una società multietnica bilanciata, sarebbe stato fuori luogo accennare anche minimamente alle razze. In Bridgerton il razzismo non esiste. Nessun bianco si lamenta mai che il socio in affari o che l’amante o il marito o la moglie di questo o quell’altro duca sia di colore. Tutto è normale. Tutto è come deve essere e come dovrebbe essere oggi.

Così il protagonista maschile principale il Duca di Hastings Simon Basset (Regé Jean-Page) non ha difficoltà ad essere il più ricercato dalle donne, il più desiderato, il più voluto. Il più fico del bigonzo insomma. Che importa che sia di colore? Anzi… Così ai balli, alle promenade e agli incontri ufficiali con la Regina sfilano lussuosamente uomini e donne di qualsiasi etnia e provenienza, e il bello è che accade tutto senza suscitare… scandali!.

Sesso-sesso-sesso

E non c’è scandalo senza un po’ di sesso, miei cari lettrici e lettori.

Beh… anche più di un po’ per la verità. Un’intera puntata dedicata al kamasutra fra i due principali protagonisti, Daphne e il Duca di Hastings. Circa sessanta minuti di gemiti e contorsionismi vari, ma senza mai cadere nel volgare. Ma facendo storcere il naso sì: la trama perde di verve e la storia che fino a quel momento era stata davvero divertente ed intrigante, diventa scontata e banale.

Daphne Bridgerton e il Duca di Hastings

Per la verità dalla quinta-sesta puntata in poi, si spengono gli entusiasmi per le macchinazioni e i pettegolezzi di corte e il main plot diventa uno scadente Beautiful d’altri tempi. Nulla di interessante da sottolineare.

Anche la Regina se ne accorge e, rispettando il suo gusto per gli intrighi, si distacca dalle principali vicende amorose di figlie e pretendenti, per concentrarsi sul vero mistero della serie: chi è Lady Whistledown? La storyline vede protagoniste, ma guarda un po’, le due più pimpanti e scaltre figliuole ancora senza seno, Penelope ed Eloise. La Regina supervisiona i lavori dell’indagine delle due che daranno i suoi frutti. Inaspettati.

Come il colpo di scena finale che, nel rispetto del mistero, non vi svelerò, miei gentili lettori.

Anticipazioni

«Siamo dunque giunti alla fine, miei cari amici. E dopo i pettegolezzi degli ultimi giorni, è un onore per me comunicarvi che Bridgerton tornerà ufficialmente per una seconda stagione. Spero che abbiate messo da parte una bottiglia di ratafià per questa deliziosa occasione.

L’incomparabile cast di Bridgerton tornerà sul set nella primavera del 2021. L’autrice è stata attendibilmente informata del fatto che Lord Anthony Bridgerton intende dominare la prossima stagione. La mia penna sarà pronta per riferire tutte le sue vicissitudini d’amore. 

Tuttavia, gentili lettori, prima di lasciar spazio a richieste di sordidi dettagli, sappiate che al momento non sono incline a riferire alcun particolare. La pazienza, dopotutto, è una virtù».

Sentitamente Vostra,

Lady Whistledown.

Luca Nasetti
Luca Nasetti
Laureato in Filosofia della Religione e giornalista professionista dal 2008. Appassionato di giochi di ruolo da tavolo e dal vivo, letteratura fantasy e cinema.

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