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Il Richiamo della Foresta: Harrison Ford e la CPG rispondono!

L’articolo che segue è di GIulia Moscatelli, che ha voluto dirci la sua sull’ultimo film di Harrison Ford uscito nei cinema questo gennaio. Buona lettura!

I film con protagonisti a quattro zampe sono ormai un esperimento riuscito e per questo più volte riproposto.

La tenerezza, unita al divertimento che suscitano gli animali negli spettatori, fa sì che almeno una volta l’anno troviamo al cinema dei protagonisti che rappresentano dei veri e propri cani, pardon, cavalli da battaglia.

Sansone, Pluto, Balto, Beethoven, Belle, Bolt, Charlie, Rin tin tin e il vecchio Giallo, solo per citarne alcuni, hanno da tempo conquistato un meritato posto nella memoria collettiva, sebbene poi ogni generazione abbia le proprie preferenze.

Il richiamo della foresta, scritto nel 1903 da Jack London – il padre di penna di Zanna Bianca -, è un classico che ha avuto diverse trasposizioni cinematografiche, ma negli ultimi anni ne è mancata una che avvicinasse un pubblico più giovane.

A rimediare ci ha pensato Chris Sanders (regista di Lilo e Stitch e Dragon trainer) che avvalendosi delle ultime tecnologie e circondandosi di attori come Harrison Ford (reduce dell’ultimo Star Wars) e Omar Sy (Quasi amici), ha cercato di ridare lustro ad una storia che merita di essere conosciuta.

Il Richiamo della Foresta: Trama (senza spoiler)

L’inizio del film ci accoglie in modo rassicurante, la grafica appare un misto tra un libro di favole e pagine di storia, le immagini si dispiegano mentre qualcuno (il narratore, Harrison Ford) ci ragguaglia sul periodo storico in cui siamo: 1897, il finire della corsa all’oro.

Dopo l’apparente tranquillità narrativa, ci viene presentato il nostro vivace protagonista Buck: un misto tra un San Bernardo e uno Scotch Collie, imponente quanto adorabile e peloso.

Osservandolo per qualche minuto in azione capiamo subito e ci viene sottolineato, quanto Buck sia amato e viziato al punto di assecondare ogni suo istinto, senza avere paura delle conseguenze. All’ennesimo disastro però, viene punito e lasciato fuori per la notte, momento cruciale in cui verrà rapito e inizierà realmente la sua avventura.

Catturato per essere venduto lontano dalla sua tranquilla cittadina, si confronta fin da subito con nuovi umani che non hanno paura di essere maneschi, in quanto il suo vecchio proprietario (un facoltoso giudice) non è più lì a proteggerlo.

buck e il suo nuovo amico

Dalla mite Valle di Santa Clara (California), tramite treni, scambi e poi navi, il nostro segugio viene condotto nel Klondike, un’ambientazione che, zio Paperone docet, è stato uno dei luoghi più significativi della corsa all’oro.

Qui il nostro protagonista inizierà il suo percorso di crescita e maturazione, venendo comprato ed inserito nella muta di cani di una coppia dedita al servizio di posta in slitta. Sebbene non portino medicine per i bambini malati, il servizio di consegna delle lettere, per stessa ammissione dei due: “trasporta vita”.

In mezzo ai ghiacci e alla desolazione in termini di telecomunicazioni, una missiva può fare un’enorme differenza per unire chi è lontano. Buck, inizialmente titubante, si abitua alla nuova vita, faticando per migliorare e affermarsi nel nuovo branco.

Successivamente però la sua vita cambierà nuovamente, dovrà ancora lottare e impegnarsi per trovare il suo posto nel mondo, ma, forse, stavolta sarà più facile, perché ad accompagnarlo sarà John Thornton (Harrison Ford).

Una Disney che si diverte in CGI!

Se la Disney ci ha sorpreso (a livello di grafica) con il remake completamente in digitale del Re leone, anche qui non rimarremo delusi.

I cani e i lupi presenti in questo film sono anch’essi figli della computer grafica, in modo da lasciare i “cani veri” liberi da addestramenti e scene pericolose. Questa scelta, oltre ad essere altruistica, ha garantito anche massima libertà nello strutturare le scene del film.

Espressività, capacità totale di azione e realismo non fanno sentire troppo la mancanza di star vere a quattro zampe. Si è consapevoli dell’illusione a cui si assiste, ma ciononostante si riesce a ad ottenere una sospensione dell’incredulità che rende Buck ‘reale’ e non un insieme di pixel.

Dai primi istanti del film fino alla sua conclusione abbiamo un narratore che ci accompagna nel nostro viaggio, con la sua voce calda e stimolante. Trattandosi di Harrison Ford, questa voce nostrana non poteva che essere di Michele Gammino, suo doppiatore ufficiale.

Essendo un duo ormai consolidato, diventa difficile scindere l’uno dall’altro e, in questo gioco magico che è il doppiaggio, riesce di godersi il film come se stessimo assistendo all’originale.

Incanto, che è tale quando sono chiamati in campo i professionisti davanti e dietro lo schermo, com’è in questo caso.

Conclusioni

Nel 2020 siamo ormai figli, nipoti, parenti di film come Balto, Bethoveen e Lessie, però nonostante il tema canino sia un must facilmente ripetibile, Buck va ad aggiungersi al pantheon degli ossi duri, proponendo uno stereotipo di storia comune, ma con uno slancio fresco, figlio delle nuove tecnologie, che si unisce alla tradizione.

Del resto, i più bei libri e film possono avere una trama di cui intuiamo il finale già a metà della storia, ma vogliamo giungere alla loro conclusione per vedere il percorso che ha in serbo per noi l’autore.

E tra montagne, sentieri dove scappano i conigli e scorrono fiumi, troveremo anche Buck che non ci farà rimanere delusi.

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