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Una Raccolta di Classici da Non Perdere, Parte 7

Benvenuti nella settima parte della selezione di film classici consigliati da Film e Dintorni!

Come ogni mese, selezioniamo per voi alcuni titoli che hanno fatto la storia del cinema internazionale, consigliati perché hanno saputo imprimersi nella memoria collettiva divenendo, nel tempo, veri e propri cult.

Una Giornata Particolare (1977)

Sophia Loren e Marcello Mastroianni in Una Giornata Particolare

Film drammatico diretto da Ettore Scola, sceneggiato da Scola, Ruggero Maccari e Maurizio Costanzo e interpretato da Sophia Loren e Marcello Mastroianni. La pellicola venne candidata ai premi Oscar nelle categorie Miglior Film Straniero e Miglior Attore Protagonista.

Roma, 6 maggio 1938: Hitler è in visita a Roma. Un intero complesso di palazzi del centro storico si riversa per le strade della città per assistere alla parata celebrativa del Führer. Antonietta, ingenua e sprovveduta casalinga, è troppo occupata dalle faccende per partecipare all’evento assieme al marito e ai sei figli.

Rimasta sola a casa, fa scappare per sbaglio il pappagallo domestico. Dalla finestra scorge un uomo che potrebbe aiutarla a recuperare l’animale e bussa alla sua porta. Gabriele, elegante e acculturato radiocronista, pare intento a compiere un estremo gesto di disperazione, ma invita Antonietta nell’appartamento e i due cominciano a stringere amicizia. La donna rincasa, ma poco dopo l’uomo si ripresenta, questa volta con la scusa di bere un caffè assieme e continuare a chiacchierare.

La donna è lusingata dalle attenzioni del garbato Gabriele, ma ostile nei suoi confronti a causa di un vociferato antifascismo che gli avrebbe fatto perdere il lavoro alla radio. Con il passare delle ore, Antonietta sente però crescere il desiderio e, cercando una volta per tutte di liberarsi del perfido marito, tenta di conquistare Gabriele sul terrazzo.

Dopo averla respinta, lui rivela la sua omosessualità, vera causa del suo licenziamento, provocando nella donna delusione e sconforto. I due, al margine della società e accumunati dalla profonda disillusione della vita quotidiana, consumano tuttavia un rapporto d’amore.

Come in un sogno, Antonietta si risveglia e torna nel suo appartamento circondata dal chiasso dei figli e dalla brutalità del marito-padrone. Dalla finestra scorge Gabriele per l’ultima volta. L’uomo, a causa del suo orientamento sessuale, viene scortato da due guardie che lo accompagnano fuori dal palazzo verso destinazione ignota.

Tecnicamente, Scola realizza uno dei suoi lavori più complessi. La prima scena del film è un lungo piano sequenza, che parte dalle facciate dei Palazzi Federici di Roma (ancora presenti in Viale XXI Aprile) fino all’interno dell’abitazione di Antonietta, seguendola nella sua routine mattutina. Inoltre, la vera cronaca della parata di Hitler a Roma è trasmessa come sottofondo per l’intera durata della pellicola. L’atmosfera ovattata viene risaltata grazie alla fotografia seppia di Pasqualino De Santis.

Una Giornata Particolare, sfruttando lo sfondo del fascismo, è un grande omaggio agli umiliati, alle anime sole e ai discriminati. La Loren, invecchiata e imbruttita dal regista contro la sua volontà, interpreta una donna succube del sistema patriarcale, che la confina ad essere una silenziosa procreatrice. Per lei anche un semplice libro donatogli da Gabriele è simbolo di ribellione ed emancipazione. Mastroianni descrive, invece, il dolore della morsa sociale di un omosessuale perseguitato.

Entrambi i protagonisti sono destinati a non trovare vie di scampo da questo ingiusto status. Una situazione che, per quanto possa apparire datata, ritrova ancora oggi echi nella cronaca quotidiana, rendendo il film un classico estremamente attuale e di enorme importanza.

Chi Ha Incastrato Roger Rabbit? (1988)

Chi Ha Incastrato Roger Rabbit

Commedia del 1988 diretta da Robert Zemeckis, scritta da Jeffrey Price e Peter Seaman e interpretata da Bob Hoskins e Christopher Lloyd.

Considerata una pellicola nodale nell’evoluzione dell’animazione e degli effetti speciali, è un’opera a tecnica mista, che miscela riprese in live-action e d’animazione. Si tratta, inoltre, di una rara occasione per vedere personaggi di studios differenti nello stesso film. In un’esilarante scenetta, ad esempio, Paperino e Duffy Duck si fronteggiano in una sfida al pianoforte.

Il film è ambientato ad Hollywood, nel 1947. R.K. Maroon, proprietario di celebri studi d’animazione, ingaggia l’investigatore privato Eddie Valiant con l’obiettivo di racimolare informazioni sul coniglio attore Roger Rabbit e sua moglie Jessica. La donna, particolarmente aitante, pare coinvolta in una relazione extraconiugale, rendendo Roger distratto e pensieroso sul set.

Jessica viene paparazzata da Valiant in compagnia di Marvin Acme, magnate dell’intrattenimento e titolare dei terreni su cui sono costruiti gli studios. Roger, sconvolto dalla notizia del presunto tradimento, scompare senza lasciare tracce. La stessa notte Acme viene assassinato e tutti i sospetti ricadono sul coniglio che, secondo lo spietato giudice Morton, si sarebbe vendicato selvaggiamente.

Si vocifera che Acme abbia scritto un testamento che lascerebbe le sue proprietà in mano ai cartoni animati. “Cartoonia” sarà, invece, venduta se il documento non viene ritrovato entro la mezzanotte.

Roger Rabbit, rifugiatosi a casa di Valiant, si proclama innocente e chiede l’aiuto del detective per scoprire chi sta cercando di incastrarlo. Con il giudice Morton e le sue faine alla calcagna, i due scoprono che gli scatti rubati a Jessica, in realtà, fanno parte di un piano ideato per ricattare Acme e obbligarlo a cedere i suoi lucrosi terreni. Roger e Eddie cominciano così una rocambolesca e comica ricerca della verità tra le strade di Hollywood.

L’ideatore del piano è il giudice Morton, che da tempo brama di possedere i terreni di Acme per costruirci sopra una superstrada e radere al suolo la troppo allegra “Cartoonia”.

Roger, riunito con la moglie, scopre per caso di aver sempre avuto in tasca il testamento di Acme. Come previsto, l’eredità è in mano ai cartoni animati e il giudice Morton, rivelatosi anch’esso un cartone sotto travestimento, trova la distruzione con un’arma letale da lui stesso ideata.

Chi Ha Incastrato Roger Rabbit? è un film tecnicamente molto complesso per l’epoca. Per far sì che gli attori si sentissero circondati realmente da esseri in movimento, recitarono assieme a manichini, marionette, bracci meccanici e altre apparecchiature, poi nascoste nella post-produzione, che si protrasse per più di anno.

Gli Academy Awards consegnarono un premio Oscar speciale a Richard Williams, direttore dell’animazione, per il suo pioneristico lavoro. Il film vinse anche la statuetta per i Miglior Effetti Speciali.

Robert Zemeckis, già sperimentatore di effetti visivi con Ritorno Al Futuro, realizza un film d’impostazione noir anni ’40, ma vestito da grande blockbuster per famiglie e con elementi rubati alla comicità slapstick. Il regista crea l’universo parallelo che tutti, da bambini (e non solo), abbiamo sempre sognato.

È un mondo variopinto, raggiante, senza complicazioni, in cui ridere è l’unica preoccupazione quotidiana. E in un momento storico come questo, il messaggio è più centrale e importante che mai: ricordiamoci sempre di sorridere, nonostante tutto.

L’Appartamento (1960)

Jack Lemmon nel film L'Appartamento

Commedia del 1960 diretta da Billy Wilder, scritta dallo stesso in collaborazione con I.A.L. Diamond e interpretata da Jack Lemmon e Shirley MacLaine.

Spesso annoverato nelle classifiche dei migliori film americani di sempre, L’Appartamento conquistò 5 premi Oscar, compresi quelli per Miglior Film, Miglior Regia e Sceneggiatura Originale.

C.C. Baxter è un impiegato per una grossa compagnia di assicurazioni di New York. Come favore, presta la chiave del suo appartamento ai superiori per le loro scappatelle extraconiugali. Mostra interesse verso la collega Fran, ma lei è innamorata di Sheldrake, principale dell’azienda, a cui Baxter ha prestato la chiave di casa in cambio di una promozione.

Durante una festa natalizia, Fran scopre che Sheldrake ha diverse amanti e non è intenzionato a divorziare dalla moglie, come lui le ha, invece, promesso. Fran, devastata dalla notizia, tenta il suicidio con dei barbiturici a casa di Baxter. Quest’ultimo, rientrato in tempo, cura la ragazza ed informa Sheldrake dell’accaduto. La telefonata viene, però, intercettata dalla segretaria ed ex-amante del principale, che per vendetta spiffera il tutto alla moglie.

Sheldrake viene cacciato di casa e, libero da ogni legame, ricomincia ad utilizzare l’appartamento di Baxter per vedere Fran. La situazione indignitosa di Baxter sembra, quindi, inalterata. Quando, però, il principale gli chiede di nuovo la chiave per trascorrere la notte di Capodanno, lui rifiuta, rinunciando definitivamente alla carriera.

Appresa la notizia, Fran si rende conto dei propri sentimenti e pianta in asso l’amante per correre dal premuroso Baxter, che finalmente le manifesta il suo amore.

L’Appartamento è un melodramma amaro e malinconico camuffato in una grande commedia romantica. La disperazione dell’uomo metropolitano e la sua incapacità di destreggiarsi tra gli avvenimenti della vita quotidiana sono le tristi caratteristiche che emergono dal personaggio di Baxter, un Jack Lemmon patetico e caricatura della modernità. Il parere altrui e il giudizio comune, dei colleghi e del vicinato, sembra importare di più degli atti in sé.

Shirley MacLaine incarna, invece, una vittima del sistema istituzionale e professionale (la figura stereotipata dell’ascensorista che si innamora del manager), che riesce, però, a sfuggire al proprio destino grazie ad un ultimo sprazzo di dignità.

Nel grande spaccato americano del boom economico, Wilder miscela la solitudine di Chaplin, il realismo di Vidor (innegabile il richiamo a La Folla), le speranze di David Lean (Breve Incontro) e i sogni di Frank Capra (La Vita è Meravigliosa), ma il risvolto è decisamente più critico e spezzettato.

Citando una delle frasi del film: “Lo specchio è a pezzi. Sì, lo so, mi piace così: mi ci vedo come mi sento“.

Lezioni di Piano (1993)

Lezioni di Piano, diretto da Jane Campion

Film drammatico del 1993 scritto e diretto da Jane Campion e interpretato da Holly Hunter, Sam Neill e Anna Paquin.

Si tratta del primo, e finora unico, film diretto da una donna ad aver conquistato la Palma D’oro al Festival Di Cannes. Ha vinto, inoltre, tre premi Oscar: Miglior Sceneggiatura Originale, Miglior Attrice Protagonista (Hunter) e Miglior Attrice Non Protagonista per la Paquin, che all’epoca aveva soltanto undici anni.

Fine ‘800. Ada è una giovane vedova scozzese che, da diverso tempo, utilizza soltanto la lingua dei segni per comunicare. Assieme alla figlia Flora, approda in un’isola della Nuova Zelanda, colonia degli inglesi, dove viene data in sposa ad un ricco magnate che non ha mai incontrato.

Madre e figlia trasportano un pianoforte, oggetto a cui Ada è particolarmente legata, in quanto unico strumento per esprimere le proprie sensazioni. Il futuro marito e i suoi servitori Maori sopraggiungono sulla spiaggia, ma il piano risulta troppo pesante per lo spostamento e viene abbandonato sulla riva.

La ragazza fatica ad accettare la nuova vita nel villaggio, finché George, socio del marito ed interprete per coloni e Maori, accetta di riaccompagnarla alla spiaggia per farle suonare il pianoforte. George rimane estasiato dall’intensità della performance e decide di far trasferire il piano al villaggio, a patto che diventi di sua proprietà. Ada, con la scusa di non distaccarsi dal prezioso oggetto, comincia ad impartire lezioni musicali a George.

Quest’ultimo pare più interessato a conquistare la ragazza e comincia a baciarla e toccarla. I due giungono ad un patto: per ogni “visita” di Ada, George le venderà volta per volta un pezzo di pianoforte. Ad ogni desiderio sessuale esaudito, lei riceverà in cambio un tasto e, una volta ottenuti tutti, lo strumento entrerà di nuovo in possesso della ragazza.

Tra i due, complice la musica, si instaura un rapporto sempre più intimo, fino a quando il marito, insospettito, scopre il tradimento. Come punizione, le sottrae il pianoforte e la reclude per far sì che non possa più vedersi con l’amante.

George decide di lasciare il villaggio e Ada gli fa recapitare una lettera dalla figlia. Ma il marito, furibondo, la trascina nel fango e le mozza un dito con un’ascia, in modo che non possa suonare mai più.

In seguito a questo tragico evento, la salute della donna peggiora fino quasi a condurla alla morte. Il marito comprende, con rammarico, la forza del sentimento che la lega a George e, per salvarla, la lascia libera di scappare con lui.

Ada e George si imbarcano verso una nuova vita. All’improvviso lei chiede che il pianoforte venga gettato in mare, facendo in modo di venir trascinata sott’acqua con lo strumento, tentando il suicidio. Sta affondando, ma ci ripensa, capisce che non è questo il modo di evadere dalla sua tristezza. Si libera del cappio e nuota in superficie, lasciando nei fondali marini il suo passato infelice una volta per tutte.

Lezioni Di Piano è un film sulle ossessioni e sulle necessità. Ada, nella sua vita, ha bisogno soltanto del suo pianoforte, ed è attraverso lo strumento che scopre un’altra esigenza, forse ancor più potente: quella di amare.

Il marito nevrotico e insicuro che le sta vicino è paralizzato di fronte ad una donna che non comunica con le parole, ma con la musica. George percepisce i sentimenti della ragazza attraverso i tasti che suona ed è questa sensibilità emotiva che spinge Ada ad innamorarsi di lui.

La Campion ribalta così lo stereotipo dell’uomo in epoca vittoriana, rappresentando il ricco e letterato marito come il personaggio freddo e becero, mentre il “selvaggio” e incolto maori come l’uomo capace di provare sentimenti e leggere l’anima.

Jane Campion, vincitrice di innumerevoli premi per quest’opera, regala una penetrante soggettiva femminile sull’amore, la passione (non solo amorosa) e la rinascita. Gli incantevoli, ma gelidi, paesaggi neozelandesi rispecchiano servilmente i sentimenti della protagonista e sono background di un universo in cui lo spettatore, così come Ada, non trova via di fuga.

Gli indimenticabili brani della colonna sonora, ad opera del compositore e pianista Michael Nyman, navigano spesso tra il diegetico e l’extradiegetico e sono il vero linguaggio rivoluzionario del film. Ada, infatti, non ha bisogno di parole, le basta toccare il suo pianoforte per emettere l’urlo più forte e potente di tutti. Un’importante lezione che serve a ricordarci dell’influenza e dell’universalità della musica.

Il Mio Vicino Totoro (1988)

Classici: Il Mio Vicino Totoro di Miyazaki

Pellicola d’animazione scritta e diretta dal regista giapponese Hayao Miyazaki nel 1988. Il responsabile artistico è Kazugo Oga. Film nodale per lo Studio Ghibli, in quanto Totoro portò enorme visibilità internazionale alla casa di produzione.

Il suo personaggio principale, uno spirito-animale che si ciba di ghiande, è diventato il logo ufficiale dello studio ed è uno dei pupazzi più venduti ed amati in Giappone. Spesso considerata una delle migliori opere d’animazione (e non solo) di sempre, dopo oltre 30 anni non ha perso un pizzico del suo fascino, della sua poetica e della sua importanza pittorica.

Le sorelline Satsuki e Mei si trasferiscono con il padre in un piccolo villaggio di campagna. La scelta di lasciare la città è dettata dalla vicinanza con l’ospedale in cui è ricoverata la madre delle bambine. Le due si ritrovano a contatto con una natura incontaminata che le porta a fare incontri sorprendenti.

Si imbattono inizialmente nei “nerini del buio”, degli spiritelli della fuliggine che abitano le vecchie case abbandonate. Successivamente, seguendo una traccia di ghiande, incappano in Totoro, uno spirito gentile dall’aspetto bizzarro. Gigantesco, con le dimensioni di un troll, è il custode della foresta e non tutti hanno il privilegio di conoscerlo.

Una sera piovosa, le due bambine sono alla fermata del bus. Qui incontrano nuovamente Totoro, che sta aspettando il “gattobus“, un autobus che ha le sembianze di un grande felino peloso. Le ragazze offrono un ombrello allo spirito che, per ricambiare il favore, dona loro dei semi da piantare in giardino.

Essendo lui custode ed anima della natura, ha il potere di far piovere, portare il vento e far crescere le piante. Una notte, infatti, si reca dalle bambine e, dopo aver fatto germogliare alcuni semi davanti a loro, le porta in groppa per un volo mozzafiato sopra i campi.

Allarmata da un telegramma dell’ospedale, la piccola Mei decide di far visita alla madre. Satsuki, non riuscendo a rintracciare la sorella minore, chiede aiuto a Totoro. Quest’ultimo la porta sul “gattobus”, ritrovando così Mei e raggiungendo l’ospedale. Nella scena finale, tutta la famiglia è riunita nella camera della casa di cura. La madre pare riprendersi e le bimbe, allietate dai nuovi amici della foresta, sono ora sorridenti e felici.

La creazione de Il Mio Vicino Totoro scaturisce da un episodio autobiografico. Durante l’infanzia del regista, infatti, la madre si ammalò di tubercolosi e lui si ritrovò costretto a passare lunghe giornate di visita in ospedale. Ma, per alleviare la sensazione di angoscia che questo luogo poteva arrecare alla pellicola, Miyazaki sfoggia una natura liberatoria e terapeutica.

Il trasferimento dalla città alla campagna, un trend controcorrente per l’epoca dell’ambientazione, sottolinea l’importanza del contatto con la natura e la sua funzione curativa. I fondali, ricchi di colori brillanti e accesi, regalano pace e tranquillità anche allo spettatore.

L’immaginazione e la fantasia sono altre due tematiche molto care al regista giapponese. Le sorelline Satsuki e Mei sono rappresentanza di quel periodo infantile in cui sognare è ancora lecito: Totoro compare a loro proprio perché hanno deciso di credere alla sua esistenza. Gli adulti sono troppo presi dalle problematiche della vita per ricordarsi di far capolinea in un mondo incantato.

Probabilmente è proprio questa la grande potenza di Miyazaki: quella di riuscire, anche solo per un’ora e mezza, a proiettare in un universo parallelo chiunque si trovi a guardare una delle sue pellicole.

Speriamo che questa raccolta di classici ti sia piaciuta.
Appuntamento al prossimo mese per altri film immortali!

Riccardo Armonti
Riccardo Armonti
Potete trovarmi dentro un film di Charlie Chaplin, nei dischi dei Beatles o tra le pagine di Herman Hesse. Ho vissuto in tre continenti, ma non ho ancora assaggiato un ragù che possa competere con quello della mamma.

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